INAMMISSIBILE LA TRASFORMAZIONE ETEROGENEA REGRESSIVA IN TRUST EX ART. 2500-SEPTIES C.C.
Non ammissibile la trasformazione regressiva ex Art. 2500-septies C.C. da società di capitali in trust secondo il Tribunale di Roma Ufficio del Giudice del Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Roma, che a tanto giunge con la sentenza del 20/07/2017 RG n. 6934/2016.
IL CASO
Con domanda trasmessa per via telematica in data 22 marzo 2016 il notaio rogante chiedeva l’iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione assunta dall’assemblea della società s.r.l. in liquidazione in data 9 marzo 2016, concernente la trasformazione della stessa; in particolare, l’assemblea della predetta società deliberava la trasformazione eterogenea regressiva, della società S.r.l. in liquidazione, in trust con beneficiari retto dalla Legge Regolatrice di Jersey (TJL 1984) per una durata di 60 anni al fine di una migliore e ordinata liquidazione nel rispetto della par condicio creditorum, attribuendo, l’eventuale residuo della liquidazione ai beneficiari finali. Veniva nominato Trustee del Trust la società Nomadeagle Lda. Veniva dato atto altresì che per effetto della trasformazione le obbligazioni assunte dalla società permanevano in capo al trust fino all’integrale soddisfacimento dei crediti sociali. La deliberazione diveniva efficace decorsi sessanta giorni dall’iscrizione dell’atto presso il Registro delle Imprese avvenuta in data 7 aprile 2016 ai sensi dell’art. 20, comma 7 bis, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito in l. 11 agosto 2014, n. 116).
Sosteneva, infine, l’ufficio del registro delle imprese, e per l’effetto quindi ne chiedeva la cancellazione, l’impossibilità della iscrizione della delibera di trasformazione regressiva da società in trust in quanto non espressamente prevista dalla legge.
Il giudice accoglieva, disponendo la cancellazione della iscrizione della delibera di trasformazione.
RIFLESSIONI
Invero, la questione della trasformazione eterogenea regressiva da società in trust ex art. 2500-septies C.C. risulta complessa e controversa, e tanto, come vedremo, in ragione della non espressa inclusione, nel novero delle fattispecie ivi elencate, del trust sebbene altri e consimili istituti ne siano parte tanto le Fondazioni, con le quali il trust ha uno stretto legame analogico in relazione al patrimonio destinato, quanto le Comunioni di Aziende, con le quali il trust condivide la non soggettivazione giuridica e la comunanza di beni. Non si colgono viepiù ragioni di volontarietà del legislatore alla preclusione o di deliberata esclusione per inidoneità dell’istituto.
Indubbio appare il carattere speciale ed evolutivo della norma, ancorché inattesa. In fatti, nel mentre in epoca anteriforma non era immaginabile, tampoco prevedibile, una evoluzione di tale portata, attesa la sacralità delle norme ordinamentali, in epoca postriforma, nella quale lo scenario si presenta mutato al punto tale da non poterla immaginare in antecedenza, la trasformazione societaria eterogena tanto in regresso da società quanto in progresso in società risulta pregevolmente innovativa e deliberatamente aperta si potrebbe ben dire, stante il connotato principio semplificativo di economicità degli atti negoziali e, con esso, delle norme a tutela dei creditori o dei soci dissenzienti.
Il novellato articolo del codice civile 2500-septies, istituito in forza del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (G.U. 22 gennaio 2003, S.O. n. 89), entrato in vigore l’1/1/2004, consente ineludibilmente, come mai prima, una trasformazione in aderenza alla quale il punto di partenza è una società commerciale, come disciplinata nei capi V, VI, VII del titolo V del Codice Civile, mentre il punto di arrivo è una delle fattispecie ivi elencate ossia Consorzi, Società Consortili, Società Cooperative, Comunioni di Azienda, Associazioni Non Riconosciute e Fondazioni, novero questo, nel quale, come di tutta evidenza, non emerge il trust potendolo tuttavia scorgere laddove si consideri che non gli è fatto espresso divieto.
E’ pensiero largamente condiviso in dottrina secondo il quale il legislatore della riforma dell’epoca non ha inteso negare l’accesso al trust e tanto, evidentemente, per non averlo espressamente precluso , ed allora, l’idea per la quale, il mancato inserimento nel perimetro sarebbe stato mosso da valutazioni di inidoneità dell’istituto, come par di cogliere in talune analisi non del tutto convincenti, per non godere della soggettivazione giuridica, non può trovare accoglimento laddove si consideri che la Comunione d’Azienda, anche’essa priva di detta soggettivazione, è annoverata a pieno titolo, pertanto, ragionevolmente, si è portati a ritenere che in via analogica una trasformazione eterogenea regressiva in trust non solo è condivisibile ma è anche ammissibile.
A conforto di tale tesi soccorre meglio il ben argomentato Studio n. 17-2013/I del Consiglio Nazionale del Notariato col che esplicita egregiamente il carattere estensivo della norma al contrario dell’evidente carattere repressivo della sentenza in esame, in relazione alla quale, non mancheremo di tratteggiare alcuni aspetti non del tutto condivisibili, specie nella parte in cui essa esalta il carattere impossibile della trasformazione in trust liquidatorio a tutto detrimento del valente carattere socio-economico della norma alla luce anche dell’indiscussa mutabilità causale dell’ente in trasformazione desumibile tanto dalla ammissibile regressione in un ente diverso come la Comunione d’Azienda, la Fondazione o la Associazione Non Riconosciuta quanto viceversa dalla ammissibile progressione di quest’ultime in società con la sola eccezione per l’Associazione non riconosciuta, la quale, in sede di trasformazione eterogenea progressiva, deve guadagnare il riconoscimento dell’ente.
Preliminarmente, val la pena di ricordare, in questa sede, che l’art. 7 della Legge Delega, per la riforma societaria, precipuamente in tema di trasformazione, detta alcuni principi fondamentali tali da essere tenuti in debito conto in sede di stesura dell’articolato, quali, la Semplificazione, il Favor procedurale, la Economicità, le Condizioni e i Limiti delle stesse, nonché, la tutela tanto dei creditori, ai quali è consentito proporre opposizione, quanto dei soci di minoranza dissenzienti, ai quali è consentito loro il recesso, elementi questi, idonei a favorire la trasformazione, ed, a tutela della quale, peraltro, viene chiamata in soccorso la norma sulla continuità dei rapporti giuridici ex art. 2498, terzo comma, ultima parte, c.c., chiarendo altresì, che la continuazione afferisce tanto i rapporti processuali dell’ente trasformato quanto una eventuale procedura concorsuale vigente al momento della trasformazione salve le ipotesi concrete di conflitto con le finalità o lo stato della procedura. Allo stesso modo, la relazione di accompagnamento alla Legge Delega, per esigenze di economia degli atti negoziali, incoraggiava la realizzazione di una procedura di trasformazione in un unico procedimento con unico passaggio, e, per tal cagione, insisteva per la permanenza, in capo all’ente trasformato, dei diritti e obblighi e ciò in aderenza a recenti orientamenti, anche giurisprudenziali, i quali, insistono sulla opportunità di una siffatta trasformazione quale strumento generale di risoluzione dei conflitti.
Continua……