Un “Trust Farmacia” per una indiscussa successione inter-vivos o mortis-causa della medesima
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Un “Trust Farmacia”
per una (indiscussa) successione inter-vivos o mortis-causa della medesima
(una questione che sconta l’ignoranza dell’istituto giuridico del Trust e del Diritto dei trusts ma che la Sentenza in commento, provvida e illuminante, giunge quanto mai opportuna a porre fine ad un ostracismo che annovera diversi disinformati sostenitori ed apre le porte alla successione inter vivos della Farmacia)
Il Caso
Gli eredi del titolare di un’attività di farmacia, al decesso del Padre, non avendo ancora conseguito i requisiti necessari per la prosecuzione dell’attività a causa della giovane età, avevano chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Brescia l’autorizzazione ad istituire un trust avente il fine della transizione temporale fino all’ottenimento del titolo di Farmacista del primo degli eredi e comunque non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di età dell’ultimo degli eredi; disponendo nel fondo del trust l’asset della farmacia; nominando Trustee del trust una società di persone col titolo di Farmacista abilitato alla gestione dell’attività; nominando Beneficiari finali gli eredi del de cuius.
L’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia, (insensatamente) non ritenendo soddisfatto il novellato dell’art 12, c. 2 della L. 475/68, aveva denegato il rilascio del nulla osta alla titolarità della farmacia a favore del trust, reputando (nell’ignoranza dell’istituto) tale istituto incompatibile con la gestione della relativa attività; gli eredi venivano inoltre invitati a produrre la documentazione comprovante la cessione della farmacia.
Invero, l’art. 12, comma 2 della L. n. 475/1968 prevede che, in caso di morte del titolare di una farmacia, gli eredi possono effettuare, entro un anno, il passaggio della titolarità a un Farmacista iscritto all’Albo dei Farmacisti; durante tale periodo gli eredi hanno titolo per continuare l’esercizio in via provvisoria sotto la responsabilità di un direttore. Va precisato che il richiamato art. 12, comma 11, esclude la gestione dell’attività senza la cessione dell’azienda.
I beneficiari del trust (eredi) propongono ricorso avverso il (dissennato) provvedimento dell’ASL avanti al TAR di Brescia il quale, in sede cautelare, accoglie l’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento che in sede di trattazione ne accoglierà la domanda, con sentenza n. 890 del 30.07.2014, di annullamento del provvedimento amministrativo di diniego.
Val la pena rammentare che in sede di trattazione i Giudici amministrativi si sono soffermati sull’esame dell’istituto del trust come disciplinato dalla Convenzione dell’Aja del 1985 e prendendo atto che il Tribunale civile aveva ritenuto meritevole di tutela e quindi legittimo il trust in questione hanno esteso tale legittimazione anche al caso di specie affermando un principio secondo il quale il negozio giuridico del Trust di diritto privato diretto a tutelare gli interessi dei beneficiari, Eredi del de cuius Farmacista, risponde appieno ai requisiti amministrativi, di competenza esclusiva della Pubblica Amministrazione, previsti per il trapasso della Farmacia.
Pertanto, il Collegio, osserva nel caso di specie che, la coesistenza dei due limiti (ossia cessione di attività di Farmacia e contestuale cessione degli attivi dell’Azienda) di cui all’art. 12, comma 11 della L. n. 475/1968, è soddisfatta con la nomina quale Trustee del “Trust Farmacia Alfa” rilevando che l’impiego dello strumento giuridico del Trust di fatto realizza la ineluttabile coesistenza richiesta dal legislatore della titolarità del titolo di Farmacista/proprità dell’azienda Farmacia .
Nella pronuncia in commento il Collegio (sapientemente) ha evidenziato in particolare che, in virtù di quanto previsto dall’art. 11 della Convenzione dell’Aja, come confermato da copiosa giurisprudenza anglosassone e italiana, il trust non è un autonomo soggetto di diritto, conseguentemente il Trust fund, ossia i beni inclusi nel trust, appartengono al Trustee il quale non agisce come legale rappresentante bensì come legale proprietario (legal property) e per ciò stesso proprietario dell’azienda Farmacia, mentre, osserva il Collegio, il vincolo derivante dal trust ha natura obbligatoria per il Trustee.
Giova osservare inoltre che il resistente ravvisava vieppiù il pericolo (insensato) di interposizione del Guardiano atteso il suo potere di controllo sul Trustee. Il Tribunale amministrativo ha escluso tale pericolo osservando che le prerogative del Guardiano (ndr -ove non meglio specificate-) devono essere intese e circoscritte al mero controllo in forza di quanto previsto nell’atto istitutivo del trust a garanzia dei Beneficiari.
Il Collegio osserva ancora che non costituiscono deviazione per il caso di specie le prerogative del Disponente di modifica delle regole gestorie e/o revoca del Trustee, atteso che, tali poteri sono esercitabili rispettivamente ad esclusivo vantaggio del ceto Beneficiario e nella ipotesi di violazione degli obblighi del Trustee in sostituzione del quale, comunque vada, deve essere nominato altro analogo soggetto ossia idoneo e ugualmente qualificato ai sensi della Legge n. 475/1968.
Il Tribunale amministrativo definitivamente concludendo riconosce valido l’impiego dell’istituto del Trust avente Trustee un soggetto abilitato all’esercizio della professione di Farmacista funzionale a integrare i richiesti requisiti di legge che regolano l’attività di Farmacia.
La Sentenza
(TAR Lombardia, Brescia sez. II, 30/7/2014 n. 890)
Sull’illegittimità del negato riconoscimento da parte dell’ASL del trasferimento della titolarità di una farmacia mediante l’istituto del trust.
La sintesi
E’ illegittimo il negato riconoscimento da parte di una ASL del trasferimento della titolarità di una farmacia mediante l’istituto del trust, costituito (e autorizzato dal Tribunale civile) a beneficio degli eredi del titolare, con affidamento della gestione a un trustee, che nello specifico è stato individuato nella società “Farmacia …”, fino al subentro dei suddetti eredi.
L’istituto del trust, infatti, non è uno strumento elusivo della normativa in materia, bensì il mezzo per garantire la possibilità (riconosciuta dalla stessa legislazione in materia) del subentro generazionale nell’attività di famiglia in presenza di eredi ancora privi, a causa della loro età, dei requisiti richiesti dalla legge per subentrare nella gestione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 746 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS- – rappresentanti della Farmacia -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Alberto Salvadori e Paolo Rivetta, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio del primo, via XX Settembre, 8;
contro
Asl 302 – A.S.L. della Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Luppi e Francesco Luppi, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio del primo, via Solferino, 10;
per l’annullamento
della nota del direttore sanitario prot. n. 0123988 del 6 agosto 2013, con la quale è stato negato il riconoscimento del trasferimento della titolarità della farmacia “-OMISSIS-” a favore del trust costituito a beneficio degli eredi del titolare, con affidamento della gestione a un trustee fino al subentro dei suddetti eredi.
- Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
- Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Asl 302 – A.S.L. della Provincia di Brescia;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
- Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1, 2 e 5;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Mediante ricorso depositato presso il Tribunale di Brescia il 9 maggio 2013, i figli ed eredi universali del titolare della farmacia “-OMISSIS-”, a seguito del suo decesso e non avendo, data la loro giovane età, il titolo per subentrare direttamente nell’attività del padre, hanno chiesto l’autorizzazione a costituire un trust, conferendo allo stesso la proprietà della suddetta farmacia.
Il Tribunale ha autorizzato la costituzione del trust con decreto del 27 giugno 2013 e, conseguentemente, gli eredi del -OMISSIS- hanno dato corso al complesso iter previsto per il trasferimento della titolarità della farmacia.
Il direttore sanitario, però, con nota del 6 agosto 2013, ha negato che la titolarità della farmacia potesse essere traslata a favore del trust, ritenendo tale istituto incompatibile con i principi che sottendono alla gestione del servizio farmaceutico.
I beneficiari del trust sono stati, quindi, invitati a trasmettere, entro il 14 agosto 2013, la documentazione relativa alla cessione della farmacia e della sottostante azienda.
Al fine di scongiurare tale epilogo, gli eredi -OMISSIS- hanno notificato il ricorso in esame, chiedendo al Tribunale l’adozione di misure cautelari, anche inaudita altera parte, volte a sospendere tale termine nelle more dell’accertamento della illegittimità che gli stessi ravvisano nelle determinazioni assunte dall’amministrazione sanitaria.
Nel ricorso sono stati dedotti:
- 1. violazione dell’art. 21 septies della legge 241/90 ed elusione del giudicato, con riferimento al decisum giurisdizionale del Tribunale di Brescia;
- 2. violazione dell’art. 587 cod. civ., della convenzione dell’Aja del 1995, degli artt. 11 e 12 della legge 475/1968.
L’ASL si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per due ordini di ragioni: in primo luogo per la mancata impugnazione della determinazione n. 198 del 2 aprile 2012, con cui si è comunicata l’intenzione di adottare un provvedimento di decadenza dall’autorizzazione all’esercizio della farmacia, laddove, entro sei mesi, non fosse intervenuto alcun provvedimento di trasferimento della titolarità della farmacia in favore di terzi e, quindi, per la natura vincolata del provvedimento impugnato, che, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/90 non avrebbe potuto avere alcun diverso contenuto in ragione della sua natura vincolata e di atto consequenziale.
In sede cautelare, l’istanza di sospensione degli effetti è stata accolta, (ordinanza 3-4 settembre 2013, n. 459) in un’ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi, che ha visto prevalere quello alla conservazione della proprietà della farmacia in capo agli eredi del suo titolare, ancorchè attraverso lo strumento del trust.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato il 19 novembre 2013), parte ricorrente ha dedotto un ulteriore motivo di illegittimità dell’impugnato provvedimento, rappresentato dal suo contrasto con l’art. 3 comma 8 del d.l. n. 138/2011, che ha fatto venire meno le restrizioni di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall’ordinamento, in attuazione dei principi comunitari di libera circolazione, ricomprendendo espressamente (comma 9) tra le “restrizioni” anche “la limitazione dell’esercizio di una attività economica attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all’operatore” e “la limitazione dell’esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti”.
Inoltre, il censurato diniego si porrebbe in contrasto con l’art. 1 del primo protocollo addizionale alla CEDU, che garantisce la proprietà privata, in quanto realizzerebbe una sorta di “esproprio” dell’attività ereditata dai ricorrenti.
In vista della pubblica udienza parte ricorrente ha depositato copia di due atti costitutivi di trust per la gestione di una farmacia e dell’autorizzazione concessa, in entrambi i casi, per la gestione stessa dall’ASL delle Marche nel 2010 e dall’ASL del Veneto nel 2008: in particolare, nella determina di autorizzazione si legge che il servizio legale, all’uopo interrogato, ha affermato che “non si ravvisano motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione all’esercizio e alla gestione della farmacia in favore” del trustee.
La ASL di Brescia ha, invece, depositato una memoria nella quale ha, in primo luogo, eccepito l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per eccessiva genericità e violazione dell’art. 40 c.p.a., in quanto non indica in quale passaggio il provvedimento sarebbe viziato o la disposizione di legge che si ritiene abrogata con la norma invocata, ovvero, ancora, quale norma sarebbe in contrasto con la CEDU e realizzerebbe una sorta di esproprio in quanto <se la farmacia non viene venduta a terzi, l’ASL diventa proprietaria “reggente” del bene>.
Inoltre, secondo l’ASL della Provincia di Brescia, alla luce dell’ <art. 34 c.p.a., la valutazione degli eventuali profili di illegittimità del provvedimento impugnato, anche con riferimento al disposto dell’art. 3 del D.L. 138/2011, dovrà essere limitata a quanto dedotto dai ricorrenti>.
Peraltro, secondo la ASL, anche il ricorso introduttivo sarebbe inammissibile, in quanto non sarebbe stato notificato nelle forme ordinarie, ma solo a mezzo fax, pur non essendo stato riportato alcun riferimento ad un’autorizzazione alla notifica a mezzo fax ai sensi dell’art. 56 c.p.a..
Nel merito, il ricorso per motivi aggiunti sarebbe contradditorio, in quanto il ricorso introduttivo si fonderebbe sul riconoscimento della necessaria coincidenza tra proprietà della farmacia e gestione della stessa e sull’affermazione che il conferimento della farmacia in trust determinerebbe un vero e proprio trasferimento di proprietà; mentre il ricorso per motivi aggiunti si fonderebbe sull’assunto opposto e cioè che il conferimento dell’azienda in trust garantirebbe la perdurante proprietà in capo agli eredi -OMISSIS- e, quindi, il diniego di trasferimento della farmacia in capo al trust costituirebbe una forma di esproprio.
Ancora nel merito, l’ASL ha insistito nell’affermare che il trustee non potrebbe essere considerato effettivamente proprietario della farmacia e che non potrebbe trovare tutela, nel nostro ordinamento, la pretesa abrogazione di ogni norma limitatrice nella gestione di farmacie, atteso che ciò equivarrebbe a riconoscere pretese private su di un servizio pubblico.
Parte ricorrente, dopo aver ribadito quando già dedotto nel ricorso introduttivo e in quello per motivi aggiunti, ha replicato alle eccezioni di parte resistente.
In particolare, ha sostenuto la validità della notifica effettuata esclusivamente a mezzo fax, essendo il ricorso assistito da richiesta di misure cautelari inaudita altera parte.
Alla pubblica udienza del 25 giugno 2014 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
- Debbono essere preliminarmente respinte le eccezioni in rito introdotte da parte resistente, le quali vanno esaminate secondo un ordine logico imposto dalle conseguenze dell’eventuale accoglimento delle stesse.
1.1. Ciò comporta che la prima eccezione da esaminare sia quella della sostanziale irricevibilità del ricorso per omessa notificazione dello stesso nelle forme richieste dalla legge.
Sul punto si è espresso il TAR Piemonte che, nella sentenza n. 648/2012, ha chiarito che, se il quadro normativo generale in materia di notifica di atti processuali esclude la notifica degli atti processuali a mezzo fax, non esiste alcuna norma che consenta di derogare ad esso in materia di notifica di ricorsi giurisdizionali amministrativi, ad esclusione dell’art. 56 comma 2 c.p.a., che disciplina l’ipotesi in cui il ricorrente formuli nel ricorso introduttivo la richiesta di concessione di un decreto cautelare inaudita altera parte, affermando che il ricorrente deve, in tal caso, depositare in giudizio almeno la dimostrazione di aver spedito il ricorso a mezzo fax.
L’utilizzo del telefax quale modalità di notifica di un atto processuale deve, dunque, essere esclusa fuori dai casi espressamente ammessi o per fini diversi da quelli previsti: “essa ha pertanto valore al solo scopo di consentire all’organo giudicante di pronunciarsi su una richiesta di decreto cautelare ai sensi dell’art. 56 c.p.a., non potendo invece essere utilizzata a qualsiasi altro scopo: segnatamente al fine di pervenire ad una decisione sulle misure cautelari a seguito di camera di consiglio, ad una decisione sul merito o al fine di determinare la decorrenza del termine per la proposizione di una impugnazione.” (così la citata sentenza TAR Piemonte, 648/2012).
Su tali conclusioni si può, in linea di principio, convenire, ma, nella fattispecie in esame, due sono gli aspetti rilevanti su cui si deve riflettere ai fini di accertare la ricevibilità del ricorso: la notificazione a mezzo fax è regolarmente avvenuta ai sensi del secondo comma dell’art. 56 c.p.a., con riferimento alla fase cautelare monocratica e la controparte si è regolarmente costituita e difesa, eccependo solo in un momento successivo la nullità della notifica.
E’ pur vero che il quinto comma del medesimo articolo prevede che “se la parte si avvale della facoltà di cui al secondo periodo del comma 2 le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie”.
Il legislatore si è, dunque, preoccupato di garantire la caducazione degli effetti della misura cautelare adottata inaudita altera parte laddove non sia stato dimostrato che alle altre parti del giudizio sia stata assicurata quella garanzia della possibilità di costituirsi e difendersi che si può far discendere dal rinnovo della notificazione nelle forme ordinarie previste dalla legge (c.d. non invasive, quali la notifica a mano a mezzo ufficiale giudiziario – art. 137 c.p.c., a mezzo servizio postale – art. 149 c.p.c., a mezzo di posa elettronica certificata – art. 149 bis c.p.c.).
Non ha, invece, previsto alcuno specifico effetto sulla ricevibilità-ammissibilità del ricorso, con la conseguenza che debbono ritenersi applicabili, sul punto, i principi generali.
Principi generali secondo cui la nullità della notificazione del ricorso è sanata dalla costituzione degli intimati.
Nel caso di specie, non solo l’Amministrazione intimata si è costituita regolarmente, ma ha anche esplicato le proprie difese in sede cautelare, deducendo solo in vista della decisione nel merito e, quindi, tardivamente (proprio perché intervenuta dopo la pronuncia cautelare in camera di consiglio), la pretesa nullità della notificazione per effetto della sua mancata rinnovazione nelle forme ordinarie.
Pertanto, da un lato il rischio dell’eventuale decadenza della misura cautelare monocratica è stato superato dalla pronuncia collegiale sull’istanza incidentale; mentre, dall’altro, la mancata ripetizione della notifica non può aver alcun effetto sulle fasi successive del giudizio, attesa l’avvenuta costituzione della controparte intimata e l’esplicazione, da parte della stessa, della sua piena difesa.
Il ricorso è, dunque, ricevibile.
1.2. Né può ravvisarsi l’inammissibilità del ricorso per motivi connessi alla dedotta mancata impugnazione di atti presupposti: non può, infatti, ritenersi direttamente lesiva della posizione giuridica degli odierni ricorrenti la determinazione n. 198 del 2 aprile 2012, con la quale la ASL si è limitata ad autorizzare la gestione provvisoria della farmacia, per il periodo di sei mesi dalla presentazione della dichiarazione di successione, entro il quale individuare il soggetto cui trasferire la titolarità della farmacia. Proprio in ottemperanza alla stessa (che si è limitata a rappresentare gli obblighi di legge senza, peraltro, nemmeno accennare all’istituto del trust, il ricorso al quale non era, allora, nemmeno stato proposto all’ASL) ed al fine di evitare l’effetto decadenziale con essa prospettato, gli eredi -OMISSIS- hanno disposto il trasferimento della farmacia in capo al trustee.
Gli odierni ricorrenti non intendono, dunque, censurare il sistema nel suo complesso, il quale prevede l’obbligo del trasferimento della titolarità nel termine di sei mesi (e per questo non hanno impugnato la determinazione 198/2012), ma l’applicazione della normativa che lo regola in modo rigido e letterale, così da escludere che il soggetto in capo a cui trasferire la titolarità possa essere un trustee, come richiesto nell’istanza del 30 luglio 2013 ed escluso solo con la nota 6 agosto 2013 e, quindi, con l’atto tempestivamente impugnato.
Questa semplice precisazione vale ad escludere, prima ancora che la tardività del ricorso, la natura vincolata del provvedimento adottato che, al contrario, è scaturito da una valutazione tecnica, suscettibile di censura come lo è stata, in ordine alla riconducibilità del trustee ai soggetti che possono essere titolari di farmacia e all’esistenza o meno di una situazione di separazione tra proprietà e gestione in presenza di un trust. Ciò a prescindere dal fatto che l’eventuale applicabilità dell’art. 21octies della legge 241/90 (che parte resistente vorrebbe far discendere da una natura vincolata del provvedimento, viceversa non ravvisabile nel caso di specie) non determinerebbe comunque l’inammissibilità del ricorso, bensì solo l’impossibilità di ottenere l’annullamento del provvedimento, qualora affetto da uno dei c.d. vizi formali.
1.3. Né, per le stesse ragioni sopra evidenziate, può ritenersi suscettibile di positivo apprezzamento l’eccezione di inammissibilità che l’ASL correla alla mancata deduzione della violazione dell’art. 7 della legge n. 362/1991 ovvero della contrarietà di questa norma alla disciplina comunitaria.
Come già più sopra evidenziato, il ricorso introduttivo è volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del rigetto dell’istanza di cessione della farmacia ereditata dai ricorrenti ad un trustee in ragione della, contestata, rigida interpretazione del citato art. 7 operata dall’Amministrazione e non anche di detta disposizione in sè e per sé considerata.
Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso risulta essere ammissibile.
- Tutto ciò chiarito in rito, la decisione nel merito della controversia in esame richiede, dapprima, una breve premessa di carattere generale sull’istituto della cui applicazione si dibatte e cioè il trust.
2.1. In linea generale il Trust, così come disciplinato dalla Convenzione dell’Aja del 1985, ratificata dall’Italia con la legge n. 364 del 16 ottobre 1989, è l’istituto che regola il rapporto giuridico che sorge, per effetto della stipula di un atto tra vivi o di un testamento, tra un soggetto (settlor o disponente) che trasferisce ad un altro soggetto (trustee) beni o diritti, con l’obbligo di amministrarli nell’interesse del disponente o di altro soggetto (beneficiario) oppure per il perseguimento di uno scopo determinato, sotto l’eventuale vigilanza di un terzo (protector o guardiano), secondo le regole dettate dal disponente nell’atto istitutivo di trust e dalla legge regolatrice dello stesso (che deve essere necessariamente straniera).
L’atto istitutivo di regola prevede che, alla scadenza del trust, il fondo in trust venga trasferito al beneficiario del trust (che può anche essere lo stesso disponente).
La proprietà dei beni o diritti oggetto del trust spetta al trustee, il quale è però gravato dall’obbligo di amministrarli nell’interesse altrui.
I beni o diritti oggetto di trust costituiscono un “patrimonio separato” rispetto ai rapporti giuridici personali del trustee e pertanto non possono essere aggrediti dai creditori personali del trustee, né fanno parte del regime matrimoniale o della successione del trustee.
È pacifico, sia in dottrina, che in giurisprudenza, che il trustee ha la titolarità dei beni costituiti in trust (tant’è che, ancorchè con specifiche modalità necessarie a garantire la piena conoscenza del vincolo sui beni nascente dal trust, l’atto di trasferimento dei beni immobili che ricadono nel trust deve essere trascritto nei registri immobiliari) e ha l’obbligo di amministrarli in conformità delle istruzioni dettate dal disponente e degli eventuali limiti contenuti nell’atto istitutivo di trust. Qualora il trustee, in violazione dei propri obblighi, abbia compiuto atti dispositivi sui beni in trust o li abbia confusi con i propri beni personali saranno esercitabili, i rimedi di cui all’art. 11, paragrafo secondo, lettera d) della Convenzione de L’Aja.
2.2. Nella fattispecie in esame, il trust ha, dunque, la finalità, di destinare il patrimonio rappresentato dalla farmacia a beneficio esclusivo dei suddetti eredi, i quali non hanno ancora conseguito il titolo di farmacista e quindi non possono svolgere la relativa attività. Al fine di ottenere tale risultato e, dunque, di consentire il “passaggio generazionale” quando gli odierni ricorrenti saranno in condizione di esercitare in proprio l’attività farmaceutica, la gestione della farmacia è stata temporaneamente affidata a un trustee, che nello specifico è stato individuato nella società “Farmacia -OMISSIS-” (v. contratto del 17 luglio 2013).
A tale soggetto è stata, dunque, trasferita la proprietà (la formula utilizzata è “mera proprietà formale in nome e per conto del trust”) e con essa la gestione della farmacia “-OMISSIS-”.
Il termine finale del trust – e, dunque, della proprietà del trustee – è stato fatto coincidere con il momento del raggiungimento del trentacinquesimo anno di età da parte di tutti gli eredi: qualora uno solo di essi dovesse avere conseguito il titolo di farmacista, il trasferimento avverrebbe a favore solo di quest’ultimo.
2.3. Come già anticipato in fatto, il ricorso all’istituto in parola è stato positivamente valutato dal giudice ordinario, che ha ritenuto meritevole di tutela lo scopo perseguito, ma l’istanza di autorizzazione al trasferimento della titolarità della farmacia al trust è stata respinta sul piano amministrativo, avendo l’ASL ravvisato quattro profili di criticità.
In primo luogo il disponente potrebbe avere la facoltà di modificare il contenuto dell’atto istitutivo del trust e, dunque, rimuovere il trustee, modificare i beneficiari e la durata, così continuando a disporre della farmacia pur non essendone più proprietario.
Inoltre, “il disponente potrebbe anche essere il beneficiario del trust così potendo eventualmente aggirare le norme inderogabili e di ordine pubblico che dispongono in merito alla titolarità della farmacia”.
Il terzo punto critico sarebbe da individuarsi nel fatto che, secondo la legge 475/1968, il titolare della farmacia dovrebbe essere anche proprietario della stessa, così da evitare eventuali condizionamenti nella gestione dell’attività.
Infine, il termine di durata del trust sarebbe aleatorio e non fisso.
- Così ricostruito il quadro di riferimento generale e particolare, passando all’esame del ricorso non appare meritevole di positivo apprezzamento il primo vizio dedotto e volto a far discendere la nullità della decisione dell’amministrazione sanitaria dal, preteso, suo contrasto con il giudicato formatosi sulla pronuncia del Tribunale che ha autorizzato l’istituzione del trust.
3.1. È pur vero, infatti, che la decisione del Tribunale di Brescia ha descritto la costituzione del trust come un mezzo di sicura convenienza per l’erede minore e, comunque, per gli eredi designati e ha qualificato l’operazione come pienamente legittima e “immediatamente efficace”.
Ciò non può, però, determinare un diretto effetto nei confronti dell’amministrazione preposta al controllo sulla gestione delle farmacie.
Esula, infatti, dalla giurisdizione del giudice ordinario – che ha, invece, correttamente valutato la sussistenza di tutti i presupposti e le condizioni di legge per la costituzione del trust su di un piano civilistico e cioè come strumento di tutela del patrimonio degli eredi -OMISSIS- – l’accertamento della idoneità del trust quale strumento di gestione di una farmacia alla luce della specifica normativa di settore.
La verifica della possibilità di far rientrare tra i soggetti legittimati alla gestione di una farmacia un trustee spetta, infatti, in prima battuta alla competente amministrazione e, quindi, in sede di verifica della legittimità del provvedimento conclusivo del relativo procedimento, al giudice amministrativo.
Non si può, dunque, ritenere che sussistesse un giudicato cui l’ASL avrebbe dovuto adeguarsi, essendosi il giudice ordinario limitato a pronunciarsi sulla idoneità del negozio di diritto privato a soddisfare gli interessi dei beneficiari, ma senza occuparsi – essendo ciò a tale giudice precluso – della sua rispondenza o meno ai requisiti amministrativi previsti per il trasferimento della farmacia.
3.2. Né appare ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 587 del codice civile. Se è vero, come è vero, che la volontà testamentaria è vincolante, ciò non può essere che nei confronti degli eredi e degli altri soggetti eventualmente coinvolti, su di un piano civilistico, nella successione ereditaria. Certamente non può, però, derivare dalla volontà testamentaria alcun obbligo di rispetto della medesima in capo all’autorità amministrativa preposta al controllo dell’esercizio dell’attività farmaceutica, la quale non può essere subordinata che al pieno rispetto della legge e dei suoi atti di attuazione.
3.3. Il vero cuore della questione è, dunque, rappresentato dalla necessità di coniugare l’art. 12, comma 11, della legge 2 aprile 1968 n. 475 (il quale esclude la possibilità di trasferire la gestione senza contestuale cessione dell’azienda) con la particolare struttura del trust (riconosciuta in Italia dalla ratifica della Convenzione dell’Aja del 1995), che rappresenta un patrimonio separato, rispetto a cui il trustee figura come proprietario, essendo egli preposto alla gestione del patrimonio stesso, di cui ha una titolarità temporanea e strumentale alla durata del trust, oltre che limitata dalla necessità di esercitarla al fine di perseguire lo specifico obiettivo previsto all’atto della costituzione del trust (e cioè, nel caso di specie, una corretta gestione dell’attività della farmacia, al fine di poterla poi ritrasferire in piena e produttiva attività, agli eredi-beneficiari del trust una volta realizzate le condizioni che determineranno la scadenza del trust stesso).
Ciò determinerebbe, secondo l’ASL, una mancanza di coincidenza tra proprietà e gestione della farmacia che sarebbe incompatibile con il sistema delineato dal legislatore, che vuole il farmacista pienamente responsabile nella gestione e libero da ogni possibile influenza.
3.4. Al contrario, secondo i ricorrenti, il trust realizzerebbe proprio quella coincidenza tra proprietà e gestione voluta dal legislatore. Il trustee, infatti è indubbiamente proprietario, fino alla scadenza prevista, del patrimonio confluito nel trust, che lo stesso deve gestire nel modo migliore al fine di garantire la conservazione del patrimonio stesso che dovrà poi essere restituito ai beneficiari.
3.5. Tale tesi appare, invero convincente, tenuto conto delle peculiarità del trust (come sopra evidenziate) e di quanto si preciserà nel prosieguo.
3.5.1. Fino alla scadenza del trust, deve ritenersi sussistere una piena coincidenza tra proprietario della farmacia, la ditta “Farmacia -OMISSIS- s.n.c. di -OMISSIS-” e gestore.
Il Collegio ritiene, infatti, in linea con la giurisprudenza civilistica, che – benché il trust sia qualificabile, in ragione dell’art. 2 della Convenzione, come un rapporto tra soggetti, una relationship – per la stessa disposizione, i beni debbono essere intestati al trustee, il quale ne diviene a tutti gli effetti proprietario, come previsto dall’art. 11 della stessa Convezione che, peraltro, consacra l’effetto di separazione patrimoniale dei beni in trust rispetto al suo patrimonio personale (così, da ultimo, Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 25 febbraio 2014, n. 307).
Anche la giurisprudenza inglese – cui deve essere fatto riferimento non solo per meglio comprendere l’istituto, di derivazione anglossassone, ma anche in ragione del fatto che la legge regolatrice scelta nel caso in esame è proprio quella inglese -, non sembra consentire di dubitare che il trust non sia un soggetto di diritto e che, conseguentemente, i beni appartengano al trustee, il quale si trova in una posizione ben diversa da quella dell’amministratore o mandatario con rappresentanza.
Nello stesso senso si è espressa anche la giurisprudenza italiana, la quale esclude espressamente che il trust rappresenti un autonomo centro di imputazione di diritti o rapporti, di cui il trustee possa essere considerato come il “legale rappresentante”. Così si è espresso il Tribunale di Bologna, nella sentenza 20 marzo 2006 e così anche il Tribunale di Roma, Sez. III, nella sentenza 18 maggio 2013, in cui è stato affermato che l’attribuzione al trustee della proprietà strumentale consente di ravvisare, anche nelle ipotesi in cui il costituente (settlor) sia unico beneficiario del trust, quell’alterità soggettiva (rectius, di posizioni soggettive) che sottrae la fattispecie ad una censura di invalidità, a differenza della destinazione fiduciaria del patrimonio.
Contrariamente, dunque, a quanto sostenuto da parte resistente, il trustee deve considerarsi proprietario dell’azienda, mentre è il vincolo derivante dall’esistenza del trust che ha natura obbligatoria.
Né potrebbe essere diversamente, dal momento che, ragionando a contrario, i disponenti non possono più ritenersi proprietari dei beni costituiti in trust, trasferiti (con atto che si autodefinisce irrevocabile) al trustee affinchè questi possa, a sua volta, trasferirli ai beneficiari.
Ma nemmeno questi ultimi possono ritenersi proprietari, in quanto sono titolari esclusivamente di una mera aspettativa giuridicamente tutelata (e cioè quella di vedersi trasferiti i beni costituiti in trust se e quando si sarà verificata la condizione prevista dall’atto istitutivo) e tantomeno può essere proprietario il trust che, come già detto, non può essere qualificato come autonomo soggetto giuridico.
Appare, peraltro, opportuno ricordare che, laddove i beneficiari del trust non dovessero conseguire il titolo di farmacista nel termine previsto, essi riacquisteranno la proprietà della farmacia, ma per il solo fatto che essi sono i disponenti del trust e, quindi, solo per una casuale coincidenza tra i soggetti, che non potrebbe, però, comunque eludere le normativa in materia, in quanto i signori -OMISSIS- si vedrebbero in ogni caso e nuovamente costretti alla cessione della farmacia entro i sei mesi previsti dalla legge.
3.5.2. Non pare rappresentare un problema nemmeno il fatto che la farmacia, la cui proprietà è trasferita al trustee, non entri nel patrimonio di quest’ultimo (essendo ciò espressamente escluso dalla disciplina dell’istituto): al contrario, ciò pare fornire maggiore garanzia al sistema sanitario, in quanto la farmacia e i suoi beni non potranno essere aggrediti dai creditori personali del trustee, diversamente da quanto accade in situazioni di ordinaria titolarità.
3.5.3. Non è dato, inoltre, comprendere come la disposizione che, per evitare possibili situazioni di conflitto di interesse, vieta al trustee l’acquisto dei beni oggetto del trust (e non “dei beni del trust” come affermato da parte resistente) e viceversa, possa escludere il fatto che, per la durata del trust, il trustee ne sia proprietario.
Precisato che il trustee deve ritenersi legittimato, per quanto si dirà più avanti, come proprietario, al compimento di ogni atto di amministrazione ordinaria e straordinaria e, quindi, anche alla vendita dei beni oggetto del trust, ciò che gli è precluso dalla regola richiamata è solo il far uscire uno o più beni dal patrimonio di cui è titolare come trustee, per trasferirlo/i nel suo patrimonio personale in assenza dei vincoli (in primo luogo temporali) derivanti dal contratto istitutivo del trust.
Il divieto di acquisto dei beni del trust da parte del trustee non appare, dunque, affatto in contrasto con l’interesse perseguito dalla norma che regola il rilascio dell’autorizzazione alla gestione della farmacia, essendo strumentale solo a garantire la posizione dei beneficiari, senza che ciò possa significare che il trustee sia un mero amministratore: allo stesso, infatti, è precluso solo di vendere i beni a sé stesso, ma non anche gli altri poteri tradizionalmente facenti capo al proprietario, quale quello di alienare i beni stessi a terzi.
3.5.4. A nulla rileva poi – in punto di ammissibilità dell’istituto come ipotesi di cessione di farmacia a soggetto qualificato in base alla normativa – che, in presenza di trust, la gestione della farmacia debba essere orientata (in forza dei vincoli derivanti dal trust) a garantire la conservazione del “bene patrimoniale farmacia”, affinchè possa essere restituito ai beneficiari.
Per la precisione, l’art. 4 dell’atto istitutivo del trust prevede che “E’ scopo del presente trust quello di consentire una gestione ottimale dei beni in trust, conformemente alla legislazione vigente in materia di farmacie, per far fronte ad ogni esigenza personale e patrimoniale dei beneficiari, effettuando una programmazione giuridico-patrimoniale tale da consentire al verificarsi dei presupposti di legge ed entro i termini indicati, l’ordinario passaggio generazionale.”.
Tale obiettivo non può non ritenersi comune a qualsiasi gestore di farmacia, non essendo ragionevolmente ipotizzabile una gestione della farmacia orientata al depauperamento della stessa. Appare, quindi, del tutto indifferente che la corretta gestione della farmacia sia perseguita perché la proprietà della stessa è a tempo indeterminato del gestore (il quale, del tutto in linea con lo scopo del trust, non può che aspirare a garantire, attraverso la gestione della farmacia, la possibilità di far fronte alle proprie esigenze personali e patrimoniali, in vista di un successivo passaggio generazionale o di un’alienazione) ovvero perché essa deve essere, ad una certa scadenza, restituita integra (nel suo complesso, ma non nel singolo bene) al soggetto titolare di tale aspettativa: in entrambi i casi, infatti, l’obiettivo perseguito dal gestore non può che essere la migliore gestione della farmacia, nel rispetto della deontologia professionale e della normativa in materia.
Anzi, proprio il fatto che la “Farmacia -OMISSIS- s.n.c. di -OMISSIS-”, sia tenuta, alla scadenza del termine fissato, al ritrasferimento – in condizioni di complessiva integrità – della proprietà ai sig.ri -OMISSIS- (eredi), induce a ritenere che, in vista di tale obiettivo finale, detto soggetto si preoccuperà di garantire la migliore conduzione della farmacia secondo i canoni della diligenza professionale (essendovi a ciò obbligato proprio dal contratto istitutivo del trust), esattamente e più di come farebbe se la sua proprietà non fosse temporanea, ma perpetua.
3.5.5. Non appare ravvisabile nemmeno il pericolo individuato dall’ASL nel fatto che l’attività del trustee possa essere influenzata e determinata dalla necessità di sottostare all’obbligo di “preventiva comunicazione al Guardiano e osservare le indicazioni da quest’ultimo fornite” (lett. “e” dell’articolo 11 dell’atto istitutivo). Tale pattuizione ha, infatti, il seguente incipit “Al fine di realizzare le attività sopra descritte, il “Trustee” dovrà fornire” la sopra ricordata comunicazione preventiva. Ragioni di ordine logico, prima ancora che sistematico e letterale inducono ad escludere che ciò possa riferirsi a tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che il Trustee è legittimato, in quanto proprietario, a compiere ai sensi della lettera a) del medesimo articolo.
La preventiva comunicazione apparirebbe tanto irrazionale e defatigante, rispetto alla ordinaria e straordinaria amministrazione, quanto più rispondente ad una sua logica con riferimento alle operazioni di cui alla lettera d), in cui si prevede che il Trustee possa delegare a professionisti e consulenti l’amministrazione dei beni del “Trust” o il compimento di singole attività per un tempo determinato o assolvere le imposte dovute in conseguenza dell’esistenza o degli effetti del Trust, ma soprattutto possa effettuare operazioni di investimento acquistando e vendendo immobili, azioni, quote societarie, fondi comuni di investimento ed ogni altro bene economicamente valutabile, operare in trading su valuta e titoli, compatibilmente con la normativa vigente in materia, assumendo a tal fine, anche mutui da accendere o da accollare a carico del Trust e rilasciando garanzie, anche ipotecarie e pignoratizie, sui beni oggetto dell’acquisto o qualsiasi altro bene di proprietà del Trust.
Precisato che, come si è già avuto modo di evidenziare più sopra, l’espressione utilizzata non risulta corretta in quanto il Trust non è, e non può essere proprietario di beni, non essendo un soggetto o ente autonomo (ragione per cui, con la sola eccezione di una recente pronuncia del Tribunale di Torino, Sez. III, Decreto, 10 marzo 2014, è stata sempre negata la trascrizione dei beni oggetto del Trust a favore del Trust stesso e non anche del Trustee), altrettanto non corretta può ritenersi la tecnica di rimando utilizzata nella stesura dell’atto istitutivo del Trust, laddove non ha specificato che le “attività” soggette a preventiva comunicazione sono quelle indicate alla lettera d) (peraltro con esclusione del terzo alinea, che si riferisce all’assolvimento delle imposte: trattandosi, infatti, di attività obbligatoria e vincolata non si vede quale senso avrebbe assoggettare tale attività alla preventiva comunicazione al Guardiano).
Ogni diversa costruzione sarebbe in contrasto con i principi generali che regolano l’istituto, secondo cui il trustee dispone in generale dei beni del trust (ad esclusione di eventuali e specifiche limitazioni risultanti dall’atto istitutivo, che possono imporgli di ottenere il consenso da parte del guardiano), senza dover mai altrimenti giustificare i propri poteri, che coincidono con quelli che la legge riconosce al proprietario dei beni.
Lo stesso articolo 13 del medesimo atto istitutivo, disciplinante il potere dei Guardiani, peraltro, pare confermare tale tesi, prevedendo un generico potere di verifica del rispetto degli obblighi assunti dal trustee con particolare riguardo allo scopo per cui il trust è stato costituito, le possibilità di chiedere conto al trustee del suo operato, quella di avvalersi di consulenze tecniche per verificare l’operato del trustee ed, infine, quella di “prestare attività direttiva per l’operato del Trustee, nei limiti individuati dal presente contratto”. Quest’ultimo inciso non avrebbe alcun senso se tutta l’attività del trustee fosse assoggettata alla previa comunicazione e agli indirizzi del Guardiano.
A prescindere, dunque, dal caso di particolari attività come quelle descritte alla lettera d) dell’art. 10, con cui il trustee trasferisce parte dei suoi compiti a terzi ovvero incide sulla consistenza del patrimonio costituito in trust, deve ragionevolmente ritenersi che il Guardiano non abbia possibilità di interferire nell’ordinaria gestione della farmacia facente capo, dunque, alla Farmacia -OMISSIS- s.n.c. di -OMISSIS-.
In ogni caso, la previsione di un potere di indirizzo del Guardiano non è essenziale ai fini dell’efficacia dell’istituto: il guardiano è un soggetto scelto dal disponente per assicurare la corretta gestione del trust nell’interesse dei beneficiari e ad egli possono essere attribuiti poteri anche penetranti rispetto alle scelte compiute dal trustee, ma senza che le due figure possano mai confondersi.
Ne discende che laddove i poteri di controllo del guardiano dovessero essere ritenuti eccessivamente invasivi della gestione della farmacia affidata al trustee, ciò non potrebbe automaticamente determinare l’inammissibilità del trasferimento della farmacia stessa al trustee, bensì giustificherebbe un intervento impositivo/correttivo dell’Amministrazione al fine di evitare tale rischio, imponendo che sia espressamente escluso, nell’atto istitutivo del trust, che sia assoggetta all’indirizzo del guardiano l’attività ordinaria e straordinaria di gestione dell’attività propria della farmacia.
3.5.6. Non appare, inoltre, significativo, nel senso di escludere l’esistenza di un vero trasferimento di proprietà, il fatto che l’atto di costituzione del trust non quantifichi l’avviamento commerciale: a tale proposito basti ricordare che gli utili della gestione della farmacia sono destinati ad entrare direttamente nel patrimonio dei beneficiari, mentre al trustee è attribuito uno specifico compenso, parametrato, in assenza di diverse disposizioni, al compenso degli amministratori di società. Manca, dunque, alla radice, il presupposto per la liquidazione dell’avviamento, dal momento che gli utili dell’attività sono destinati ad essere prodotti nei confronti degli eredi dell’originario proprietario. Il fatto che il beneficiario degli utili della gestione attraverso il trust sia soggetto diverso dal trustee è in re ipsa nella natura dell’istituto e non può significare il mancato trasferimento della proprietà.
3.5.7. Né si può ritenere rilevante il fatto che il disponente possa modificare le condizioni di contratto o sostituire il trustee, dal momento che tale situazione non pare differenziarsi, sotto il profilo della tutela dell’interesse pubblico, dalla, pienamente ammessa, ipotesi della cessione della farmacia.
La configurabilità della possibilità della revoca o sostituzione del trustee non vale, di per sé, ad escludere che il trustee possa essere considerato proprietario, ma è conseguenza del particolare regime proprietario che caratterizza i beni oggetto del trust, il quale contempla tale ipotesi, così già come con riferimento ad istituti tradizionali del nostro ordinamento quali la vendita con patto di riscatto o assoggettata a condizione risolutiva. Tutto ciò fermo restando che il potere di sostituzione o revoca risulta esercitabile, nel caso di trust, solo qualora il trustee non agisca nel pieno rispetto degli obblighi che ricadono in capo al medesimo in forza della costituzione del trust e, quindi, in caso di mancato perseguimento dello scopo proprio per cui è stato istituito il trust.
La scelta del nuovo trustee, peraltro, dovrà ricadere su un soggetto ugualmente qualificato ai sensi della legge 475/68 e anche nelle more dell’individuazione del nuovo titolare, il rispetto della normativa sarebbe garantito dal fatto che, se necessario, il Guardiano potrà assumere esso stesso il ruolo del trustee, ma per non più dei sei mesi consentiti dalla legge per addivenire al trasferimento della proprietà della farmacia ad un soggetto titolato alla sua gestione.
Non si comprende, dunque, come il fatto che il trustee possa essere sostituito o il termine di durata modificato possano incidere negativamente sull’interesse pubblico sotteso alla normativa di settore, in specie sotto il profilo dell’ordine pubblico invocato dall’ASL.
Tale possibilità è comunque preordinata ad assicurare la migliore gestione della farmacia, la quale non può che, implicitamente, richiedere il rispetto della normativa vigente e, quindi, lo scopo della previsione contrattuale, di fatto, converge anche, sebbene non esclusivamente, con lo scopo pubblico perseguito.
Anche in relazione a tale profilo appare, comunque, condivisibile la tesi di parte ricorrente secondo cui, se l’ottica perseguita è quella di evitare eccessiva mobilità/imprenditorialità dell’azienda farmaceutica, ciò dovrebbe comportare, a fronte della costituzione di un trust, una puntuale verifica con riferimento al caso concreto ed ai vincoli contenuti nell’atto costitutivo, in specie laddove, come nel caso de quo, il ricorso all’istituto non sia una strumento elusivo della normativa in materia, bensì il mezzo per garantire la possibilità (riconosciuta dalla stessa legislazione in materia) del subentro generazionale nell’attività di famiglia in presenza di eredi ancora privi, a causa della loro età, dei requisiti richiesti dalla legge per subentrare nella gestione. Gestione, che, dunque, è temporaneamente affidata ad un soggetto che si assume l’onere di agire con diligenza professionale non solo nel proprio interesse personale, ma anche nell’interesse dei beneficiari del trust.
Improprio appare, invece, il riferimento operato nel ricorso alla Convenzione dell’Aja e, più precisamente, all’art. 15 della stessa, secondo cui “Qualora le disposizioni del precedente paragrafo siano di ostacolo al riconoscimento del trust, il giudice cercherà di attuare gli scopi del trust in altro modo”. Tale disposizione, infatti, risulta destinata alla tutela della posizione dei beneficiari e, quindi, non ha il riflesso preteso da parte ricorrente sulla normativa amministrativa che la stessa vorrebbe tenuta ad adeguarsi in modo tale da garantire il perseguimento dello scopo del trust.
3.5.8. Infine, non può trascurarsi che, come evidenziato da parte ricorrente nell’ultima memoria, anche la Corte di Giustizia ha ritenuto compatibile con i principi comunitari la particolare disciplina del sistema farmaceutico nazionale, ma solo entro il limite del garantire che le farmacie siano gestite da farmacisti professionisti, in quanto proprio la professionalità degli stessi può rappresentare la garanzia contro il rischio, per la sanità pubblica, che la finalità di lucro prevalga sulla sicurezza e qualità della distribuzione dei medicinali.
Data l’ontologica tendenza al perseguimento del lucro, il contemperamento con il perseguimento del fine pubblico può essere garantito solo dalla deontologia del farmacista professionista e dal fatto che della violazione di essa il professionista deve rispondere compromettendo “non soltanto il valore del suo investimento, ma altresì la propria vita professionale” (così la Quarta Sezione della Corte europea di giustizia, sentenza del 5 dicembre 2013 nelle cause riunite da C-159/12 a C-161/12).
Tale obiettivo primario, che è quello il cui perseguimento è ritenuto legittimo a livello comunitario, risulta essere ampiamente garantito nel caso di specie, in cui la gestione della farmacia è incontestatamente affidata ad un farmacista professionista, ancorchè costituito, in linea con la previsione di legge, nella forma della società di persone.
3.5.9. In relazione a tale ultimo particolare della fattispecie in esame, si ritiene opportuno precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’ASL, non può rappresentare un ostacolo all’ammissibilità del trust per la gestione di una farmacia il fatto che la titolarità della farmacia sia riservata, ex art. 7 delle 362/1991, alle sole persone fisiche, società di persone e cooperative a responsabilità limitata, dal momento che il trustee (proprietario e gestore) è una società di persone. Come già più sopra evidenziato, la titolarità della farmacia non è attribuita al trust, ma al trustee: il trust, infatti, come in precedenza ampiamente dimostrato, è solo l’istituto che regola i rapporti tra beneficiari e trustee e non anche un soggetto.
La posizione dell’ASL pare derivare, dunque, in buona sostanza dall’equivoco di fondo rappresentato dalla confusione tra trust e trustee. Trustee che è a tutti gli effetti proprietario dei beni conferiti nel trust, ancorchè questi non entrino a far parte del patrimonio dello stesso, ma costituiscano un patrimonio a parte, a sé stante e che presenta le caratteristiche richieste dalla legge ai proprietari di farmacia e cioè, in caso di soggetti collettivi, l’essere costituiti in forma di società di persone con soci regolarmente iscritti all’albo dei farmacisti.
3.5.10. In conclusione, quindi, si può sinteticamente affermare che il trasferimento della proprietà al trustee integri il rispetto delle condizioni di legge, in forza del seguente ragionamento logico: la norma prescrive il trasferimento in proprietà ad un soggetto legittimato al subentro, in quanto farmacista e ammette che, successivamente, tale proprietà possa essere nuovamente trasferita, purchè rispettando la condizione che ciò avvenga a favore di un farmacista qualificato.
Il caso del trasferimento della proprietà ad un trustee comporta che tale successione sia già programmata, in quanto alla scadenza del termine del trust, la proprietà dovrà essere necessariamente trasferita o ai beneficiari, se titolati, oppure ad un terzo, da individuarsi da parte del disponente entro il termine di legge di sei mesi. In tutti i casi ed in tutti i momenti (con la sola esclusione dell’eventuale fase di transizione alla scadenza del trust senza che si sia verificata la condizione per il trasferimento ai beneficiari) sono sempre garantiti sia la coincidenza tra proprietà e gestione, che la qualifica di farmacista del proprietario.
Ne consegue che né le singole disposizioni, né la ratio della norma possano ritenersi frustrate dal ricorso al particolare istituto del trust, una volta chiarito, come si è fatto nella parte che precede, che il trustee è a tutti gli effetti proprietario, ancorchè temporaneamente e che i vincoli ad esso imposti non possono, di per sé, precludere il raggiungimento dello scopo della norma.
- Deve essere, invece, dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti, ancorchè non in ragione dei profili di indeterminatezza e contraddittorietà ampiamente sviluppati dall’ASL, ma di quello, solo accennato dalla stessa, di “tardività” nella deduzione delle violazioni dei principi proconcorrenziali introdotti dall’art. 3 commi 8-9 del DL 13 agosto 2011 n. 138 (in particolare, tenendo conto del divieto di cui al comma 9-g di imporre agli operatori economici una forma giuridica tassativa).
- L’accoglimento del ricorso principale determina, dunque, la caducazione del provvedimento impugnato, ma le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in causa attesa la natura prettamente interpretativa della questione dedotta, caratterizzata dall’assoluta novità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così decide:
1) dichiara inammissibile il ricorso per motivi aggiunti;
2) accoglie il ricorso introduttivo nei sensi di cui in motivazione;
3) per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, in relazione ai vizi accertati in motivazione;
4) dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all’art. 52, commi 1,2 e 5 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1,2 e 5 della medesima disposizione.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014, n. 890
Lecce,Milano, 2017 Dr. Vincenzo Crusi*