Lo scambio di informazioni finanziarie, ha infranto lo schermo di riservatezza delle società fiduciarie.
Tanto che i dati dei proprietari effettivi dei patrimoni detenuti in Lussemburgo sono già finiti all'Agenzia delle entrate, anche se posseduti tramite fiduciaria. E presto toccherà a chi ha capitali in Svizzera.
I contribuenti italiani con capitali in Lussemburgo infatti, si sono visti recapitare nei mesi scorsi una lettera da parte dell'Agenzia delle entrate che chiedeva conto della mancata inclusione degli stessi nel quadro RW della dichiarazione dei redditi. L'Agenzia infatti non è in grado di sapere che i capitali sono posseduti tramite fiduciaria. Nulla di irrimediabile, ma addio privacy.
La stessa cosa avverrà, in dimensioni molto maggiori, con i contribuenti che posseggono patrimoni in Svizzera.
L'Agenzia delle entrate elvetica ha infatti inviato a fine settembre i dati relativi ai patrimoni posseduti dai cittadini italiani, in applicazione delle norme antiriciclaggio, senza tener conto dello schermo costituito dalle società fiduciarie, che dovrebbe garantire la riservatezza del nome del titolare effettivo.
È questo uno degli spunti emerso nel corso del convegno organizzato ieri dall'ordine dei commercialisti di Milano sul trust.
Dove il professor Lupoi è arrivato a ipotizzare dei profili di illegittimità dell'istituto, nella misura in cui, essendo privo di confini ben delineati anche a livello internazionale, confligge con il principio i determinatezza che, a livello penale, è insuperabile nel nostro ordinamento. La disciplina antiriciclaggio, con i suoi pesanti profili sanzionatori, si applicherebbe a una fattispecie dai confini piuttosto incerti.
E questo è uno dei motivi per cui non è ancora stato istituito il registro dei trustee.
Tuttavia, con il recepimento della quinta direttiva antiriciclaggio e la conseguente definizione di trust a livello nazionale, potrebbero aprirsi le porte alla ricerca della legislazione più conveniente.